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Misteri di Venezia, miti e leggende

Curiosità

MISTERI DI VENEZIA

Benvenuti in questa pagina dove è possibile rivivere alcune storie di leggende, misteri, fantasmi e crimini passati della millenaria storia di Venezia. Scegli dall'indice la storia ti appassiona di più.

San Marco. Come le spoglie arrivarono a Venezia

Il boccolo di San Marco. La nascita della leggenda
La colonna dannata. Una presa in giro per i condannati
Colonne di San Marco e San Todaro. Origine e mistero sulla terza colonna

Il leone di San Marco. Il significato del simbolo

Recordeve del povero fornareto





San Marco

La storia di Venezia è intrecciata con quella di San Marco, al punto che la città ne ha fatto il suo patrono festeggiato ogni anno il 25 Aprile, in occasione della sua morte dell'anno 68 ad Alessandria d'Egitto.
Il primo punto di incontro fu quando, Marco in viaggio da Ravenna ad Aquileia, venne sorpreso da una terribile tempesta e trovò rifugio in una isoletta, San Francesco della Vigna, allora disabitata,  della laguna veneta. Qui sognò un angelo che lo salutò con la famosa frase "pax tibi Marce evangelista meu" e che gli promise che in quei luoghi avrebbe dormito in attesa della fine dei tempi.
Romanzesca è la trama del trafugamento della salma da Alessandria d'Egitto a Venezia avvenuta nell'anno 828.
Due marinai venezia, Rustico da Torcello e Buono da Malamocco, si impadronirono della salma e la celarono sotto quarti di carne di maiale, ben sapendo che nessuno di religione mussulmana avrebbe mai ispezionato un simile carico. La scena è raffigurata in un mosaico della Basilica di San Marco, nella navata destra.
Un primo miracolo, San Marco lo compì durante il viaggio verso Venezia, quando apparve in sogno ad un frate imbarcato nella stessa nave per avvertirlo dell'imminente tempesta che si sarebbe scatenata.
L'arrivo delle reliquie a Venezia avvenne il 31 gennaio del 828 nello stesso luogo della sua visione di molti secoli prima, ed il doge Giustiniano Partecipazio lo dichiarò patrono della città, utilizzando il leone alato e la scritta pax tibi marce evangelista meu come simbolo della città.
Le spoglie dell'evangelista vennero collocate in una cripta segreta in attesa del termine della costruzione della basilica, ma la segretezza fu tale che di esse si perse traccia.
Riapparvero solo secoli dopo nel 1094 in circostanze misteriose. Per favorire il ritrovamento delle reliquie, vennero effettuati tre giorni di digiuno, e preghiere. In occasione della messa celebrata dal vescovo di consacrazione e dedicazione della Basilica al santo, una lastra di marmo si spezzo, lasciando intravedere la cassa contenente le reliquie. Le spoglie vennero quindi prelevate e collocate in una altra cripta segreta dove, ancora una volta ne vennero perse le tracce. Il ritrovamente avvenne solo nel 1811 nella cripta dove ancora oggi riposano.






Il boccolo di San Marco

E'  tradizione veneziane che l'uomo offre all'amata nel giorno di San Marco il 25 Aprile,  un boccolo (bocciolo) di rosa rosso simbolo di amore eterno.
La leggenda racconta che Maria, figlia del Doge Partecipazio fosse perdutamente innamorata del giovane trovatore Tancredi, di modesta origine.
Per superare l'ostacolo della differenza sociale e coronare il loro sogno d'amore, la giovane suggerì a Tancredi di partire per la guerra in Spagna contro i mori a fianco dell'imperatore Carlo Magno,

nella speranza che al ritorno a Venezia venisse accolto con tutti gli onori come campione della fede cristiana contro gli infedeli.
In quella guerra Tancredi seppe distinguersi, combattendo con valore e coraggio, e le notìzie che arrivavano a Venezia rincuoravano Maria sulla bontà della sua decisione.
Ma un giorno Tancredi fu ferito a morte e cadendo bagnò con il suo sangue un roseto, tingendolo di rosso. Pur morente, Tancredi riuscì a raccogliere un bocciolo di rosa che consegnò ad Orlando con la promessa di portarlo in patria alla sua amata.
Ed Orlando mantenne la promessa, arrivato a Venezià consegnò il fiore a Maria, che lo ricevette senza dire una parola.
La giovane si ritirò nella sua stanza dove all'indomani venne ritrovata morta, nel giorno di San Marco, il 25 Aprile, con il boccolo di rosa stretto al petto.


La colonna dannata

Un tempo il colonnato del palazzo Ducale finiva direttamente in Laguna. Si dice che ad alcuni condannati a morte, per offrire loro la possibilità di salvarsi la vita, venisse data la possibilità di girare attorno alla colonna senza cadere in acqua.
Se riuscivano nel compito avrebbero avuto salva la vita.
Il compito era praticamente impossibile, perchè la base era molto stretta e scivolosa, e per la messinscena veniva scelta proprio la colonna con la base più stretta, la terza colonna sul lato che si affaccia alla laguna, partendo dall'angolo.
Sempre più turisti provano questa esperienza ogni giorno, ma è difficile perché la base è sempre più consumata nella zona centrale dove.

Misteri di Venezia, il leone di San Marco
Misteri di Venezia, la colonna dannata

Colonne di San Marco e San Todaro

Nel 1099, Venezia, in cambio dell'aiuto militare tramite l'uso delle proprie galee, ottenne in cambio da Costantinopoli tre enormi colonne monolitiche di granito che furono trasportate in patria su delle navi.
Durante le operazioni di sbarco, una nave si rovesciò ed una colonna cadde nel fondo del mare e si inabisso nel fango.
Le rimanenti due colonne rimasero a giacere per terra per circa cento anni in attesa che qualcuno fosse in grado di erigerle.
Nel 1196, un ingeniere bergamasco, di nome Niccolò Stratonio riuscì nell'impresa utilizzando un ingenioso sistema.
Egli sfruttò una proprietà delle corde di canapa, che bagnate tendono ad aumentare di diametro e a diminuire di lunghezza. Così, fissando la base e utilizzando corde di canapa di lunghezza sempre minore riuscì a mettere in piedi le due colonne.
In cambio di questo servizio, ricevette dalla Serenissima, la possibilità di tenere un Banco di gioco dei dadi in città, attività fino ad allora severamente proibita.
Il governo della Serenissima, concesse questa possibilità, ma soltanto nello spazio compreso fra le due colonne, luogo normalmente utilizzato per le esecuzioni capitali.
Sperava così di scoraggiare ciò che aveva dovuto concedere. Il posto veniva infatti evitato dai veneziani per motivi scaramantici. Da allora Nicollò Stratonio cambiò il suo nome in Barattieri, da cui è originata una famiglia con molti discendenti e nel cui stemma araldico sono presenti tre dadi da gioco.
Poichè le esecuzioni avvenivano con i condannati che davano le spalle alla laguna, guardando la Torre dell'Orologio, da allora è nato il detto "te fasso vedar mi che ora che xe", ti faccio vedere io che ora è, nell'intenzione di sgridare qualcuno. I condannati a morte, guardando la Torre dell'Orologio, per ultima cosa vedevano l'ora della loro morte.

Misteri di Venezia, la Torre dell'Orologio.
Venezia, colonne di San Marco e San Todaro

Il leone di San Marco

Sulle colonne del Barattieri, citate nel paragrafo precedente, vennero poste le statue di San Todaro (Teodoro) e del Leone di San Marco, che da quel momento divenne il simbolo della città.
Ad essere precisi, il Leone in cima alla colona non è affatto un leone, ma probabilmente una figura mitologica di chimera a cui, in un secondo momento, vennero aggiunte le ali. E non è neanche di pietra, ma di bronzo.
Il Leone, rappresentazione simbolica dell'evangelista Marco, patrono della città,  è stato utilizzato come simbolo in tutti i luoghi in cui i veneziani arrivarono. E' stato rappresentato in molti modi:
- andante, quando è eretto su tre zampe e la quarta poggia su un libro aperto o chiuso,
- "in moeca" quando è raffigurato frontalmente e accovacciato, simile ad un granchio (moeca in dialetto veneziano),
- rampante, rffigurato di profilo in piedi sulle zampe posteriori.
Talvolta il libro è aperto e reca la scritta in latino "Pax tibi Marce evangelista meu", mentre altre volte è stato rappresentato con un libro chiuso.
L'enigma è presto svelato, in tempo di pace il libro era aperto, mentre il libro chiuso, secondo una versione popolare, simboleggiava il tempo di guerra.

Leone di san Marco
Il Leone di San Marco

Recordeve del povero fornareto

Sul lato sud della Basilica di san Marco che guarda alle colonne di San Marco e San Todaro, dal crepuscolo all'alba vengono accese due luci, in sostituzione di due lumini rossi usati in passato.
Sono il ricordo di uno dei più tristi errori giudiziari perpetrati dalla Repubblica Veneziana nella sua lunga storia.
All'inizio del 1507 un giovane fornaio (fornareto in veneziano) di nome Pietro Tasca trovò un cadavere steso sul pavimento vicino al Ponte degli Assassini (il cui nome era già un presagio). Ingenuamente raccolse il pugnale sporco di sangue che trovò sul pavimento, facendosi sorprendere da dei gendarmi che passavano in quel momento. Si trattava del corpo del conte Alvise Guoro.
Il giovane venne sottoposto a tortura, come usanza del tempo, e gli venne estorta una falsa confessione.
Venne giustiziato la mattina del 22 marzo 1507.
Non appena eseguita la condanna, si scoprì il vero colpevole, il conte Lorenzo Barbo confessò di essere l'autore dell'omicidio.
La notizia sconvolse le autorità della Serenissima, al punto che ad ogni successivo processo veniva pronunciata la frase "recordeve del povero fornareto" (ricordatevi del povero fornaio), a perenne promemoria sulla possibilità di commettere un errore giudiziario.
Da que giorno vennero accesi i due lumini proprio di fronte al punto in cui sorgeva il patibolo.

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